Zelig [1983 - 79']

"Non vorrei mai far parte di un club che accetti tra i suoi membri uno come me" (Groucho Marx).
Questa frase può essere il fulcro del film Zelig, uno dei capolavori di Woody Allen (forse il migliore) e del cinema statunitense in generale.
Si racconta, come fossimo in un documentario-parodia (mockumentary) storico-biografico, la storia di un personaggio fenomenale vissuto negli anni '20. Leonard Zelig (Woody Allen) era in grado di assumere i connotati psicofisici degli uomini che gli stavano vicino. Quando viene scoperto dai medici, viene studiato sotto tutti i punti di vista che la scienza dell’epoca conosce. La  psichiatra Eudora Fletcher (Mia Farrow), non solo si appassiona al caso, ma fa di tutto per guarirlo.  Naturalmente si innamora del paziente con un happy end molto classico.
Con un dispositivo tipico della produzione dei documentari degli anni ‘80 (Zelig è uscito nell’83), vediamo sfilare un fior fiore di intellettuali che testimoniano del “fenomeno”: da Susan Sontag, a Bruno Bettelheim, a Saul Bellow, ecc.
Woody Allen si diverte poi a inserire la sua immagine in “documenti d’epoca”, creando l’ilarità e la confusione (gli effetti visivi sono eccezionali).
Leonard Zelig confida in qualche rara intervista ciò che lo spinge a adattarsi così bene all’ambiente in cui si trova (sarà soprannominato l’uomo camaleonte): la paura di non essere amato se rimane se stesso.
Il film può essere un supporto eccellente al dibattito sul nostro posto nella società, su come questa ci “metta in scatola”, ma anche sulla paura che spesso abbiamo di essere semplicemente noi stessi e di dire quello che pensiamo.

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